Indizi per la lettura di “Scaglie di vento” di Giorgio Belli
Per avvicinarmi alla poesia di Martina Velocci ho scelto la via più semplice: ascoltare il “respiro” di una decina di “Scaglie di vento”, trascrivendone qui di seguito le suggestioni.
“Non sapevo che l’aria / respirasse tra i germogli delle pietrei>”. È sul respiro del mondo che si apre il discorso poetico di Martina Velocci: sulla metrica lieve della vita, sulla grazia leggera che circola fra i segni della condizione di terrestrità umana. “Germogli” e “pietre” sono le tracce contrastanti della dolcezza e della durezza del vivere, del miracolo della vita che si rinnova e della fissità di una presenza senza cambiamenti né storia. L’ambiguità dell’espressione “germogli delle pietre” riflette l’incertezza inquieta dell’aprirsi al mondo della
vita. Il “battito incalzante / dei perché” che scaturirà da questa condizione iniziale è l’eco distorta, dissonante e interiorizzata del “respiro dell’aria”, il correlativo amplificato e razionalizzato della ritmica impalpabile della vita, l’insistenza della ragione a voler definire il senso dell’individualità che è nello stesso tempo “germoglio”, “pietra” e “aria”. Ma l’archeologia delle ragioni di un corpo, del fatto di essere al mondo in un certo modo e non in un altro, cioè dell’aprirsi a quell’aria di quel certo germoglio, proprio in quella particolare condizione di terrestrità, sembra produrre un inutile e doloroso frastuono intellettuale, (“quel perché / che ogni giorno / rimbomba nell’anima”).
D’altra parte se la vita è “germogli delle pietre”, da intendersi come genitivo soggettivo, questo contrasto originario è sì irriducibile ma non per questo, anzi forse proprio per questo,
non smetterà di essere interrogato. […]
Scaglie di vento
morbide come
le taglienti
nuvole del
mare in
inverno.